Autovelox, Il nuovo scenario: cosa cambia davvero dal 2026

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Per anni gli autovelox in Italia sono stati una leggenda metropolitana.
“Tanto è lì per fare cassa”, “Lo hanno messo ieri”, “Non era nemmeno segnalato”.
Nessuna mappa ufficiale, nessun elenco pubblico, solo voci.
Chi guidava doveva fidarsi o rassegnarsi.

Dal 2026 cambia tutto: il Ministero delle Infrastrutture pubblica una lista nazionale degli autovelox.
Un archivio pubblico, consultabile online, con tutti i dispositivi comunicati dagli enti locali.

In pratica, succede questo:

1.1 Una lista nazionale, finalmente pubblica

Gli autovelox non saranno più una presenza “misteriosa” lungo la strada.
Ogni dispositivo dovrà essere:

• registrato da Comune, Provincia o altro ente;

• inserito nella piattaforma ministeriale;

• visibile in un elenco pubblico.

Se un autovelox non è nella lista, non dovrebbe essere usato per fare multe.
Questo è il cuore della riforma.

1.2 Cosa contiene l’elenco

Per ogni apparecchio sono indicati:

• il codice dell’ente che lo gestisce;

• il tipo di dispositivo (fisso, mobile, telecamera, ecc.);

• la posizione (strada, tratto, km);

• lo stato (attivo, non attivo).

Non è un dettaglio tecnico: è la differenza tra un controllo trasparente e un’imboscata.

1.3 Cosa succede agli autovelox non censiti

Gli enti locali che non hanno registrato i loro autovelox entro i termini previsti hanno un problema:
quei dispositivi non dovrebbero essere usati per accertare violazioni.

In pratica:

• se non sono stati censiti, gli apparecchi andrebbero spenti;

• le multe rilevate da strumenti fuori elenco sono contestabili;

• il cittadino può verificare e, se necessario, ricorrere.

Attenzione: non si annulla nulla in automatico.
Bisogna fare opposizione, ma per la prima volta c’è una base chiara su cui farla.

1.4 Un elenco “dinamico”: cosa significa davvero

La lista nazionale non è scolpita nella pietra.
È “dinamica”: gli enti possono:

• aggiungere nuovi dispositivi;

• aggiornare quelli esistenti;

• correggere errori.

Questo ha due conseguenze pratiche:

• non basta guardarla una volta sola: va consultata quando arriva la multa;

• se un autovelox non c’è oggi, può esserci domani, ma la multa ricevuta prima resta discutibile.

1.5 Perché questo cambia la vita di chi guida

Per la prima volta:

• sai dove sono (o dovrebbero essere) i controlli;

• puoi verificare se la multa è nata da un dispositivo regolare;

• non sei più costretto a fidarti alla cieca.

Non è l’abolizione degli autovelox.
È, finalmente, la loro messa in chiaro.

1.6 Non è una rivoluzione spettacolare, ma è civile

Niente fuochi d’artificio, niente slogan.
Solo una cosa molto italiana quando funziona bene: un elenco ufficiale.
Poco appariscente, ma decisivo.

Perché una multa ha senso solo se arriva da un sistema che non si nasconde.

2. Come verificare se una multa è valida

Quando arriva una multa, il primo istinto è sempre lo stesso: rassegnarsi.
“Avrò sbagliato io”, “Tanto non cambia nulla”, “Meglio pagare e chiuderla qui”.
Ma dal 2026 questo atteggiamento non è più necessario.
La legge, per una volta, offre strumenti semplici.
E il cittadino può controllare davvero se quella sanzione è legittima.

La regola d’oro è una: la multa è valida solo se il dispositivo che l’ha rilevata è regolare.
E per regolare si intende due cose precise: censito e omologato.

2.1 Primo controllo: è nell’elenco nazionale?

La prima domanda da farsi è semplice: “Questo autovelox compare nell’elenco ufficiale?”
Se non c’è, abbiamo un problema. Per lo Stato, un dispositivo non registrato è come se non esistesse.

Ecco cosa può significare nella pratica:
• l’ente non lo ha comunicato in tempo;
• il dispositivo è stato installato ma mai censito;
• la posizione è stata sbagliata o non aggiornata;
• l’apparecchio è stato rimosso o sostituito senza nuova registrazione.

In tutti questi casi, la multa è contestabile.
Non è un’opinione: è una conseguenza logica di una banca dati nata proprio per garantire trasparenza.

2.2 Secondo controllo: il dispositivo è omologato?

Qui si entra nel cuore della riforma.
Esistono due parole spesso confuse:

approvazione: significa che il dispositivo è stato “accettato” come prodotto,
omologazione: significa che il dispositivo è stato testato e funziona come deve in condizioni reali.

Molti apparecchi in Italia sono stati approvati, ma non omologati in modo completo.
E questo crea un punto debole: una multa basata su un dispositivo non omologato è più fragile.

Per essere valido, il verbale deve contenere:
• numero di omologazione;
• tipo esatto di apparecchio;
• decreto o certificazione che ne attesta la conformità.

Se queste informazioni mancano, o se sono generiche, la multa perde forza.
Una misurazione automatica è credibile solo se lo strumento è certificato.

2.3 Terzo controllo: la posizione coincide?

La riforma introduce un punto fondamentale: ogni autovelox deve essere associato a una posizione precisa.
Se il verbale riporta una coordinata diversa, un chilometro inesatto o un riferimento approssimativo, si apre un margine di errore.

Errore significa:
• identificazione sbagliata del dispositivo;
• confusione tra due apparecchi vicini;
• mancanza di allineamento tra mappa e realtà.

In questi casi, il cittadino ha diritto di chiedere chiarimenti.
Una multa non può basarsi su un punto vago.

2.4 Quarto controllo: il limite era corretto?

Non tutte le strade hanno limiti coerenti.
E non tutti i limiti sono segnalati bene.
La legge richiede che il verbale indichi il limite vigente nel punto esatto del rilevamento.

Se il cartello è:
• troppo distante,
• coperto dalla vegetazione,
• posizionato male,
• non presente sul lato della carreggiata interessata,

la multa può essere contestata.
Non per “furberia”, ma per civiltà: il limite deve essere comprensibile, non un indovinello.

2.5 Quinto controllo: il dispositivo era attivo?

L’elenco nazionale segna anche lo stato di attivazione del dispositivo.
Un autovelox può risultare:
• attivo
• inattivo
• temporaneamente sospeso

Una multa emessa da un autovelox “non attivo” è palesemente incongrua.
Il cittadino può far valere questa incoerenza.

2.6 Perché questi controlli contano davvero

La verità è semplice:
una multa giusta educa; una multa sbagliata mina la fiducia nel sistema.

Il nuovo quadro normativo finalmente riconosce una cosa ovvia:
chi guida ha il diritto di sapere perché viene sanzionato, da chi e in quali condizioni.
Il controllo non è un gesto ostile: è un atto di maturità civile.

E se qualcosa non torna, il ricorso diventa non solo possibile, ma legittimo.

3. Dove devono essere posizionati gli autovelox

In Italia, per anni, gli autovelox sono spuntati come funghi:
sulle curve, dietro un guardrail, in fondo a una discesa,
nelle strade dove il limite sembrava messo più per fare cassa che per salvare vite.
Il risultato? Sfiducia. Rabbia. Una sensazione diffusa di ingiustizia.

Dal 2026 il caos dovrebbe finire.
La nuova normativa stabilisce dove un autovelox può stare, e dove invece non ha diritto di esistere.

3.1 Le strade dove è permesso installarli

Gli autovelox possono essere posizionati solo in punti dove la sicurezza lo richiede davvero.
Le condizioni sono chiare:

• strade ad alto tasso di incidenti;
• tratti con velocità storicamente eccessiva;
• aree con attraversamenti pedonali sensibili;
• zone dove il traffico crea rischi costanti.

Niente più dispositivi posizionati “per comodità” del Comune.
La sicurezza torna al centro della decisione.

3.2 Non basta la pericolosità: serve la prova

Il Comune non può più dire “questa strada è pericolosa” senza dimostrarlo.
Serve un dossier tecnico, con:

• dati sugli incidenti;
• velocità media rilevata;
• analisi del rischio;
• valutazione del flusso veicolare.

Solo con questi elementi si giustifica l’installazione.
Il cittadino deve sapere che quell’autovelox non è una trappola, ma un presidio.

3.3 Il limite deve essere coerente con la strada

Questa è la battaglia più antica: limiti assurdi, spesso messi per frenare gli automobilisti in modi poco credibili.

Dal 2026 entrano regole più rigide:
• il limite deve essere adeguato al tipo di strada;
• non può essere ridotto senza motivazione tecnica;
• deve essere segnalato in modo chiaro e visibile;
• deve essere posizionato prima del punto di rilevazione, mai dopo.

Se un limite è troppo basso rispetto alla logica della strada, la multa è più fragile.
Uno Stato serio non usa limiti capestro: usa limiti sensati.

3.4 Gli autovelox nascosti: una pratica che finisce

La nuova normativa lo dice chiaramente:
un autovelox non può essere nascosto.

Deve essere:
• visibile,
• segnalato con anticipo,
• non mimetizzato tra alberi, cartelli o barriere.

L’obiettivo non è cogliere in fallo, ma prevenire l’eccesso di velocità.
Un autovelox invisibile non educa: tende un’imboscata.

3.5 Distanza minima tra segnale e apparecchio

Una delle novità più importanti riguarda la distanza.
Non basta mettere un cartello: va messo a una distanza ragionevole, che permetta al conducente di rallentare.

Le linee guida richiedono che ci sia:
• spazio sufficiente per reagire,
• coerenza tra cartello e contesto,
• possibilità reale di adeguare la velocità.

Un cartello messo a dieci metri dall’autovelox è una presa in giro.
Dal 2026 non sarà più ammesso.

3.6 Quando l’autovelox deve essere rimosso

Un autovelox va tolto quando:
• la strada è stata resa più sicura;
• il limite è cambiato;
• il dispositivo risulta inefficace o impreciso;
• l’analisi tecnica non giustifica più la sua presenza.

In passato nessuno rimuoveva nulla: una volta installato, l’autovelox restava lì a vita.
Ora la sua presenza deve essere rivalutata periodicamente.

3.7 La verità del 2026

Gli autovelox non spariranno — e non devono farlo.
Ma torneranno a essere ciò che dovrebbero: strumenti di sicurezza, non bancomat.

Quando sono posizionati bene, salvano vite.
Quando sono posizionati male, uccidono la fiducia.

La riforma prova a raddrizzare questa stortura.
E il cittadino, finalmente, ha criteri chiari per difendersi da ciò che non è corretto.

4. Come devono essere segnalati gli autovelox

Un autovelox non è un agguato. O almeno, non dovrebbe esserlo.
La legge italiana — vecchia e nuova — ripete sempre lo stesso principio:
il cittadino deve sapere che sta entrando in una zona controllata.

Eppure per anni abbiamo visto cartelli minuscoli, mal posizionati, coperti da rami o addirittura messi dopo l’apparecchio.
Dal 2026 le regole diventano più severe: la segnalazione deve essere chiara, comprensibile e onesta.

4.1 Il cartello deve essere visibile, non ipotetico

La visibilità non è un dettaglio estetico.
È la condizione minima per dire che la multa è legittima.

Un cartello è valido solo se:
• non è coperto da alberi o vegetazione,
• non è posizionato troppo in alto o troppo in basso,
• non è “mimetizzato” tra altri segnali,
• è leggibile sia di giorno che di notte.

Se il cartello è invisibile, la sanzione traballa.
Il cittadino non deve fare l’investigatore: deve vedere.

4.2 Deve essere posizionato con adeguato anticipo

La legge dice una cosa semplice:
il conducente deve avere il tempo materiale per rallentare.

Questo significa che il cartello:
• deve precedere l’autovelox,
• deve essere a distanza ragionevole,
• deve permettere una reazione prudente.

Cartelli piazzati a dieci metri dall’apparecchio?
Dal 2026 non saranno più accettabili.

4.3 Il messaggio deve essere chiaro e non ambiguo

Un cartello generico non basta.
La segnalazione deve indicare:

• che si tratta di un controllo elettronico della velocità;
• se è attivo anche senza pattuglia;
• se comprende sistemi automatici;
• se è permanente o temporaneo.

Niente formule vaghe come “controlli in corso” messe ovunque.
Serve precisione.

4.4 Segnalazione luminosa nei casi a rischio

Sulle strade più veloci o più pericolose, la segnalazione deve essere rafforzata.
Non è un favore: è buonsenso.

Sono richiesti:
• pannelli a messaggio variabile,
• dispositivi luminosi,
• avvisi ripetuti in condizioni di scarsa visibilità.

Un autovelox che non si vede è un incidente che aspetta di accadere.

4.5 La fine dei cartelli “random”

Molti Comuni hanno fatto un abuso: mettere cartelli fissi anche quando l’autovelox era mobile o nemmeno presente.
Un trucco psicologico.
Dal 2026 non si potrà più fare: la segnalazione deve essere coerente con il dispositivo effettivamente usato.

Se c’è un cartello, deve esserci un controllo.
Se non c’è, non si può improvvisare.

4.6 Periodo di validità e manutenzione

La segnaletica non è eterna.
Deve essere:
• manutentata,
• pulita,
• aggiornata,
• sostituita quando usurata.

Un cartello scolorito, inclinato o consumato è una segnalazione difettosa.
E una segnalazione difettosa rende la multa discutibile.

4.7 La verità civile

La segnalazione non è un adempimento burocratico.
È una promessa di trasparenza.
Dice al cittadino: “Ti sto controllando, ma te lo dico prima”.
Quando questa promessa viene rispettata, il sistema funziona.
Quando viene tradita, la multa diventa un’ingiustizia.

Nel 2026, finalmente, si torna all’essenziale:
un autovelox deve essere visibile, chiaro, annunciato. Sempre.

5. Quando una multa può essere annullata

Una multa non è una sentenza.
È un atto amministrativo, e come ogni atto può essere corretto, contestato, annullato.
Dal 2026, con la nuova normativa sugli autovelox, i motivi di annullamento diventano più chiari.
Il cittadino non deve più navigare a vista: ci sono criteri oggettivi.

Eccoli, uno per uno.

5.1 Se l’autovelox non è registrato nell’elenco nazionale

È il punto più semplice e più forte.
Se il dispositivo non compare nella banca dati ufficiale, la multa è fragile.
Un autovelox non censito è come un vigile senza tesserino: non può fare multe.

Il cittadino può contestare chiedendo:
• copia dell’iscrizione all’elenco,
• certificazione del modello e della posizione.

Se qualcosa manca, il verbale può cadere.

5.2 Se il dispositivo non è omologato correttamente

La differenza tra “approvato” e “omologato” pesa più di quanto sembri.
L’omologazione garantisce che la misurazione sia affidabile.
Se manca o se nel verbale non è riportato il numero di omologazione, la multa ha un difetto grave.

Un difetto che può portare all’annullamento.

5.3 Se il limite non era segnalato in modo corretto

Molte multe cadono perché il limite:
• non era visibile,
• era coperto dalla vegetazione,
• era posto dopo il punto di rilevazione,
• era incoerente con il tratto stradale.

La legge è chiara:
il limite deve essere percepibile e logico.
Se non lo è, la responsabilità non è del conducente.

5.4 Se il cartello di autovelox era assente o irregolare

La segnalazione è obbligatoria.
Se manca il cartello o se è messo in modo scorretto, la multa perde valore.

I casi tipici:
• cartello troppo vicino all’apparecchio;
• cartello coperto;
• cartello posizionato in curva;
• cartello ambiguo o generico.

Un controllo automatico richiede un avviso automatico.
Quando l’avviso manca, il verbale si indebolisce.

5.5 Se la postazione non aveva motivazioni tecniche

Il Comune deve giustificare l’installazione.
Serve un dossier tecnico sui rischi.

Se la motivazione è vaga (“strada pericolosa”), incompleta o mancante, la multa può essere contestata per difetto di istruttoria.

Non basta dire “qui serviva”: bisogna dimostrarlo.

5.6 Se il dispositivo era spento o temporaneamente inattivo

L’elenco nazionale segna anche lo stato operativo dell’autovelox.
Se risulta inattivo o in manutenzione nel giorno e nell’ora della rilevazione, la multa è annullabile.

È raro, ma accade.

5.7 Se il verbale contiene errori formali

Anche un dettaglio può fare la differenza.
Errori che rendono la multa invalida:

• targa sbagliata,
• orario incoerente,
• luogo impreciso,
• dispositivo non identificato,
• mancanza della firma digitale o dati dell’accertatore.

La forma è sostanza: una multa inesatta non può diventare un debito.

5.8 Se manca la taratura o la certificazione periodica

Un autovelox deve essere controllato periodicamente.
È un obbligo tecnico e una garanzia per chi guida.

Se la certificazione:
• manca,
• è scaduta,
• non è disponibile,

la multa è contestabile per affidabilità dubbia.

5.9 La verità semplice

La multa non è un castigo sacro.
È un atto che deve rispettare regole precise.
Se l’amministrazione sbaglia, il cittadino ha diritto a far valere la verità.

La riforma non permette più scorciatoie:
solo le multe giuste devono restare.

6. Come fare ricorso, passo dopo passo

Fare ricorso non è una guerra contro lo Stato.
È un modo civile di chiedere che le regole vengano rispettate da tutte le parti.
E quando una multa è dubbia, il ricorso non è un capriccio: è un diritto.
La nuova normativa rende tutto più chiaro.
Basta seguire un percorso fatto di ordine e buon senso.

6.1 Primo passo: leggere il verbale senza fretta

Il verbale è la chiave.
Contiene tutto ciò che serve per capire se la multa è legittima.

Controlla subito:
• data e ora della rilevazione;
• luogo esatto e chilometrica;
• limite di velocità vigente;
• tipo di dispositivo utilizzato;
• numero di omologazione;
• velocità rilevata e velocità “corretta”;
• presenza della firma digitale o degli estremi dell’accertatore.

Una multa si contesta prima con gli occhi, poi con il ricorso.

6.2 Secondo passo: verificare l’autovelox nell’elenco nazionale

È una delle verifiche più potenti.
Se il dispositivo non è registrato, o se la posizione non coincide, il ricorso prende forza immediata.

Chiedi sempre copia della registrazione ufficiale:
• modello,
• numero di serie,
• posizione,
• stato operativo.

Se l’amministrazione non la fornisce, hai già un indizio.

6.3 Terzo passo: controllare la segnaletica

Prima del ricorso, serve la prova.
E la prova si ottiene andando sul posto.

Cosa verificare:
• presenza del cartello di preavviso;
• distanza dal punto di rilevazione;
• visibilità di giorno e di notte;
• eventuali ostacoli (rami, cartelli, barriere);
• coerenza del limite con la strada.

Fotografia tutto:
• cartelli,
• carreggiata,
• visuale del conducente.

Una foto fatta bene vale più di dieci pagine di ricorso.

6.4 Quarto passo: decidere dove presentare il ricorso

Hai tre strade:

1. Prefetto
Gratuito, più rapido.
Se il Prefetto rigetta, però, raddoppia l’importo della multa.
Conviene quando hai prove solide.

2. Giudice di Pace
Ha un costo (contributo unificato), ma valuta caso per caso.
È la via migliore quando il problema è tecnico: omologazione, taratura, segnaletica.

3. Ricorso amministrativo informale
Alcuni Comuni permettono un riesame interno.
Non sostituisce il ricorso legale, ma può risolvere casi evidenti.

6.5 Quinto passo: cosa scrivere nel ricorso

Il ricorso deve essere semplice, preciso, civile.
Niente sfoghi, niente accuse generiche.
Conta la logica, non l’emotività.

Inserisci:
• dati della multa;
• motivo della contestazione;
• riferimenti tecnici (segnaletica, omologazione, posizione);
• foto, documenti, mappe;
• richiesta chiara di annullamento.

Una frase guida:
“Chiedo l’annullamento della sanzione per irregolarità del dispositivo di rilevazione / segnaletica non conforme / errore di posizione / mancanza di omologazione.”

6.6 Sesto passo: rispettare i tempi

Le scadenze sono tutto.

• Prefetto: entro 60 giorni.
• Giudice di Pace: entro 30 giorni.
• Pagamento ridotto: entro 5 giorni.

Saltare una scadenza equivale a perdere.

6.7 Settimo passo: conservare tutto

Ogni documento può tornare utile:
• verbale originale,
• ricevute,
• foto,
• mail,
• risposte dell’amministrazione.

Una multa è una piccola indagine.
E ogni indagine richiede ordine.

6.8 La verità del ricorso

Fare ricorso non è “fare i furbi”.
È chiedere trasparenza.
È difendere il proprio diritto a una sanzione giusta, non furba.
Un Paese maturo non pretende obbedienza cieca, ma collaborazione informata.

Il ricorso serve a questo:
a fare pace tra il cittadino e la legge,
nel punto esatto dove quella pace si rompe — una multa sbagliata.

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