In Italia fare l’università non è una passeggiata. Non lo è per chi parte da un paese lontano dalle città universitarie, non lo è per chi vive con una sola borsa di studio, non lo è per chi divide una stanza in quattro persone, né per chi porta avanti lavoro e esami nello stesso tempo.
Gli studenti italiani sono spesso figli di una classe media stanca, schiacciata da affitti troppo alti e trasporti che costano sempre di più. Eppure continuano a muoversi, a studiare, a tentare strade nuove. Perché l’università, nonostante tutto, resta una promessa di futuro.
Il problema è che molti diritti già esistono, ma pochissimi li conoscono. Agevolazioni economiche, esoneri, sconti sui trasporti, detrazioni fiscali, contributi sull’affitto, borse di studio più accessibili. Un piccolo sistema di tutele che dovrebbe essere pubblico e chiaro, e che invece spesso resta nascosto tra regolamenti, bandi, sigle.
Questa guida serve a fare luce. Non per semplificare troppo, ma per accompagnare: passo dopo passo, diritto dopo diritto. Sette strumenti concreti che possono fare la differenza nella vita quotidiana di uno studente. Sette possibilità da usare senza timore, perché studiare non è un privilegio: è un investimento del Paese su se stesso.
Un articolo che non giudica, che non moralizza. Che racconta solo questo: ciò che ti spetta, come lo ottieni, e perché è importante chiederlo.
1. La No Tax Area universitaria: studiare senza tasse si può
La prima grande agevolazione, e forse la meno conosciuta, è la No Tax Area. Un nome tecnico per una cosa molto semplice: se il tuo ISEE è basso, l’università non deve chiederti un euro di tasse. Zero. Né iscrizione, né contributi aggiuntivi, né sorprese.
È un diritto pensato per ridurre le disuguaglianze. Per dire che l’università non può diventare un lusso. Eppure moltissimi studenti che ne avrebbero diritto non lo richiedono. Per paura della burocrazia. Perché non sanno dove guardare. O perché nessuno gliel’ha spiegato.
La No Tax Area vale per chi ha un ISEE entro 22.000 euro. In questa fascia, si ha diritto all’esenzione totale. Significa poter frequentare un corso di laurea senza pensare alle scadenze dei pagamenti. Significa studiare con un peso in meno sulla schiena.
Sconti progressivi per chi supera la soglia
Se il tuo ISEE è più alto — tra 22.000 e circa 30.000 euro — non resti fuori. Entra in gioco un sistema di riduzioni progressive che taglia le tasse universitarie con percentuali molto elevate. È un modo civile per dire che chi ha qualcosa contribuisce, ma non viene schiacciato.
Molte università applicano riduzioni forti fino ai 40.000 euro di ISEE. E alcune aggiungono fasce intermedie più morbide per tenere dentro la classe media combattuta, quella che non è povera ma fatica ogni mese.
Chi ne beneficia davvero
La No Tax Area non è solo per gli studenti “bravi” o “meritevoli”. Vale per tutti, indipendentemente dalla media. È un diritto sociale, non un premio. Riguarda:
– studenti fuori sede che pagano affitti impossibili
– famiglie monoreddito
– lavoratori che studiano la sera
– studenti con percorsi non lineari
Il punto non è il rendimento: è la possibilità di non rinunciare all’università per motivi economici.
Cosa serve per ottenerla
Basta una cosa: l’ISEE universitario. Senza quello, la macchina si ferma. Molti studenti presentano l’ISEE ordinario e non quello per l’università, perdendo il beneficio.
Serve:
– un ISEE Università (ISEE-U) aggiornato
– presentarlo entro la scadenza fissata dall’ateneo
– indicare il diritto all’esonero nel portale studenti
Un gesto burocratico, certo. Ma dietro c’è un principio grande: l’accesso all’istruzione non si misura dal portafogli.
Perché questo diritto vale doppio
Uno studente che non paga le tasse può:
– investire in libri
– sostenere i costi dell’affitto
– seguire un corso in più
– lavorare meno e studiare meglio
Non è un favore. È un modo per mettere le basi al futuro di un Paese che dice sempre di voler trattenere i giovani, ma che spesso li lascia andare per colpa dei costi.
La No Tax Area è uno dei pochi strumenti che va nella direzione opposta: quella di trattenere, sostenere, accompagnare. Un diritto che ogni studente dovrebbe conoscere dal primo giorno.
2. Le detrazioni fiscali universitarie: recuperare il 19% di ciò che spendi
C’è un diritto silenzioso, quasi invisibile, che ogni anno permette a migliaia di famiglie di recuperare una parte delle spese universitarie: la detrazione fiscale del 19%. Una misura semplice, diretta, ma che pochi sfruttano davvero. E non perché sia complicata: perché nessuno gliel’ha mai spiegata con parole chiare.
Il principio è questo: quello che spendi per l’università, una parte te lo ritorna indietro lo Stato. Non tutto, ma abbastanza per alleggerire un bilancio familiare sempre più fragile.
Vale per le tasse universitarie, ma anche per i contributi obbligatori, per i corsi di laurea triennale, magistrale, a ciclo unico, e — cosa che molti ignorano — anche per i master e le scuole di specializzazione riconosciute.
Quanto si recupera davvero
La percentuale è fissa: il 19%. Non importa quanto paghi, la parte che puoi “scaricare” resta sempre quella. Per fare un esempio:
– Se paghi 1.600 euro di tasse → recuperi 304 euro.
– Se paghi 3.000 euro → ne recuperi 570.
Non ti cambia la vita, certo. Ma fa la differenza in un anno di spese incrociate: affitto, libri, trasporti, materiali.
Università pubbliche e private: differenze importanti
Le detrazioni funzionano sia per chi frequenta un ateneo pubblico, sia per chi è iscritto a un’università privata. Ma nel secondo caso c’è un limite: l’importo massimo detraibile cambia in base alla zona geografica e alla fascia di studio.
È un modo per evitare costi gonfiati e per garantire comunque un supporto anche a chi sceglie un percorso privato. Le famiglie spesso ignorano questo passaggio e rinunciano a una detrazione che invece spetterebbe di diritto.
Chi può ottenere la detrazione
La può chiedere:
– lo studente, se produce reddito
– il genitore che sostiene la spesa
– chiunque risulti fiscalmente a carico del nucleo familiare
La detrazione segue chi paga, non chi studia. Un dettaglio decisivo per molte famiglie.
Quali spese sono ammesse
Ecco l’elenco completo delle spese che possono essere detratte:
– tasse di iscrizione
– contributi obbligatori
– tassa regionale per il diritto allo studio
– costi dei master e corsi di perfezionamento riconosciuti
– scuole di specializzazione
Sono escluse invece:
– spese per testi scolastici
– mensa e alloggio (che seguono altre regole)
– contributi volontari
Un quadro che molti non conoscono e che lascia inutilizzati migliaia di euro detraibili ogni anno.
Perché è un diritto che pesa poco ma vale molto
La detrazione non risolve la vita, non abbatte gli affitti, non riduce le tasse universitarie. Ma riconosce qualcosa di semplice e fondamentale: educare è costoso, e chi investe nello studio deve avere un ritorno.
È un gesto di equità e di civiltà fiscale. Una carezza in un sistema che spesso sembra ignorare la fatica delle famiglie. Usarlo non è un privilegio: è far valere un diritto che lo Stato ha già previsto.
Gli studenti dovrebbero saperlo dal primo anno. I genitori dovrebbero ricordarlo ogni dichiarazione dei redditi. Perché ogni euro recuperato è un euro che torna allo studio, alla crescita, al futuro.
3. Trasporti agevolati: muoversi senza svuotare il portafogli
Studiare significa muoversi. Significa svegliarsi presto, attraversare città, salire su autobus affollati, prendere treni regionali che non brillano per puntualità. Per molti studenti il costo dei trasporti è una spesa invisibile, ma pesante. Un abbonamento può arrivare a costare quanto una bolletta. Eppure pochi sanno che esistono agevolazioni regionali e cittadine che riducono, a volte azzerano, questo costo.
Sono diritti reali, già attivi, che cambiano la vita quotidiana. Ma per conoscerli bisogna guardare nelle pieghe dei regolamenti locali, dove spesso si nascondono le possibilità migliori.
Abbonamenti gratuiti o quasi: il caso Piemontese (Piemove)
Il Piemonte ha avviato un sistema chiaro: per gli studenti con ISEE fino a 12.000 euro, l’abbonamento ai mezzi pubblici è gratuito. Per gli altri ci sono sconti progressivi molto forti. È un modello semplice, funzionante, che dimostra una cosa: rendere accessibili i trasporti è possibile.
Se sei uno studente piemontese e non hai ancora chiesto l’agevolazione, stai letteralmente regalando soldi alla distanza tra casa e università.
Brescia: muoversi costa meno
Brescia offre tariffe ridotte e abbonamenti agevolati per studenti di tutte le fasce di reddito. La logica è sempre la stessa: se studi, devi poterti muovere senza indebitarti. Una città che investe nei suoi studenti investe nella sua mobilità futura.
Basilicata: trasporto gratuito per gli studenti
La Basilicata ha fatto un passo che pochi Regioni hanno il coraggio di fare: ha reso gratuito il trasporto pubblico per gli studenti delle scuole e delle università. Un diritto pieno, definito, che abbatte una delle barriere più banali ma più pesanti dello studio.
Per molti ragazzi dei piccoli comuni è un cambiamento enorme: non devono più scegliere tra un libro e un biglietto dell’autobus.
Roma: agevolazioni per studenti under 30
La Capitale non è tenera con i portafogli, ma offre diverse riduzioni per gli studenti under 30, soprattutto sugli abbonamenti annuali. Sono misure che pochi conoscono e che invece possono risparmiare centinaia di euro l’anno.
Sardegna: sconti fino all’80%
La Sardegna ha adottato un sistema generoso: sconti dal 60 all’80% per il trasporto pubblico degli studenti. Un beneficio fondamentale in una Regione dove gli spostamenti sono spesso lunghi e costosi.
Parma: abbonamento gratuito per studenti residenti
Parma ha scelto la linea più semplice e civile: se sei residente e sei uno studente, il trasporto urbano è gratuito. Una città che crede nei giovani mostra il suo impegno anche così: togliendo costi inutili agli spostamenti necessari.
Perché questo diritto è sottovalutato
Molti studenti non chiedono le agevolazioni per una ragione disarmante: non sanno che esistono. Le Regioni e i Comuni comunicano poco, gli atenei non sempre informano, e chi vive già tra esami, affitti e scadenze fiscali non ha tempo per cercare buchi nei regolamenti.
Eppure parliamo di diritti concreti. Di soldi risparmiati ogni mese. Di viaggi che diventano sostenibili. Di una vita quotidiana meno faticosa.
Un consiglio semplice
Ogni studente dovrebbe controllare:
– il sito della propria Regione
– le agevolazioni del Comune in cui vive
– le convenzioni del proprio ateneo con aziende di trasporto
Spesso l’agevolazione è già attiva. Basta solo chiedere. A volte basta una domanda online. E la differenza, su un anno intero, può essere enorme.
4. Bonus affitto per studenti fuori sede: un aiuto che pochi richiedono
Studiare lontano da casa significa cambiare vita. Significa lasciare una camera sicura, ricominciare in una stanza presa in affitto, adattarsi a nuovi ritmi e a nuovi costi. L’affitto è spesso la spesa più grande, più faticosa, più incombente. Eppure esiste un diritto che molti studenti ignorano: il bonus affitto per fuori sede.
È una detrazione fiscale del 19% sul canone di locazione, fino a un massimo di 2.633 euro l’anno. Non è un contributo diretto, non arriva sul conto in banca, ma riduce le imposte dovute nella dichiarazione dei redditi. E questa riduzione, per molte famiglie, significa tirare finalmente il fiato.
Chi può richiederlo
Il bonus è pensato per gli studenti che:
– vivono a **più di 100 km** dal Comune di residenza
– studiano in un’**altra Provincia** o in un’altra Regione
– hanno un **contratto di affitto regolarmente registrato**
Non riguarda solo gli affitti interi: è valido anche per le **stanze singole** o condivise, purché il contratto sia in regola.
La detrazione può essere richiesta:
– dallo studente, se ha un reddito
– dai genitori, se lo studente è fiscalmente a carico
Questa seconda possibilità è quella che molti non conoscono. E significa che una famiglia può alleggerire concretamente il peso dell’università in un’altra città.
Quanto si recupera davvero
La regola è semplice: si calcola il 19% di ciò che è stato pagato per l’affitto, fino al tetto previsto.
Esempi concreti:
– Con un affitto di 300 euro mensili → 3.600 euro l’anno → il 19% è 684 euro.
– Con un affitto di 450 euro mensili → 5.400 euro → la detrazione è comunque limitata a 2.633 euro, quindi si recuperano circa 500 euro.
Non è poco. Non risolve tutto, ma aiuta a non soccombere.
Perché è un diritto che quasi nessuno usa
Per una ragione banale e triste: molti contratti non sono registrati. La detrazione richiede legalità, documenti in ordine, ricevute. Tutto ciò che nel mercato immobiliare studentesco spesso manca.
Ma è esattamente per questo che vale la pena fare le cose in regola. Perché studiare fuori sede non può diventare una corsa tra annunci opachi, affitti in nero e accordi verbali. A lungo andare si paga sempre un prezzo.
Domande frequenti che nessuno fa
“E se l’università dista 95 km?”
La legge parla chiaro: servono almeno 100 km. Gli atenei spesso pubblicano elenchi ufficiali dei Comuni fuori sede: controllarli evita errori.
“E se vivo in una stanza senza contratto?”
Non si ha diritto alla detrazione. È uno dei motivi per cui gli studenti dovrebbero pretendere sempre la registrazione.
“Il bonus vale anche per gli studenti con disabilità?”
Sì, e in molti casi si aggiungono anche altre agevolazioni previste dall’ateneo.
Perché questo diritto conta più di quanto sembri
Il bonus affitto non abbatte i costi folli degli alloggi nelle città universitarie, ma li riconosce. Dice una cosa semplice: se studi lontano da casa, lo Stato ti deve dare una mano.
E quella mano può essere la differenza tra restare iscritto o abbandonare. Tra poter pagare l’affitto o doversi accontentare di una soluzione precaria. Tra studiare con serenità o vivere nell’ansia dell’ennesima scadenza.
In un Paese che spesso ripete di voler aiutare i giovani, questo è uno dei pochi strumenti che lo fa davvero.
5. Carta Cultura e Carta Merito: due strumenti da 500 euro che pochi sfruttano
Tra i diritti meno conosciuti degli studenti universitari c’è una doppia opportunità che, se utilizzata bene, può trasformarsi in un sostegno concreto allo studio: la Carta Cultura e la Carta Merito. Due strumenti da 500 euro ciascuno, pensati per chi compie 18 anni e varca la soglia dell’università con curiosità, aspettative, ma anche con portafogli sempre troppo leggeri.
Sono strumenti semplici, diretti, che parlano di cultura e di merito non come concetti astratti, ma come occasioni reali per costruire la propria formazione.
La Carta Cultura: un diritto sociale
La Carta Cultura è dedicata ai giovani con un ISEE familiare sotto i 35.000 euro. Un aiuto chiaro, che riconosce che non tutti partono dallo stesso punto. Con questo contributo si possono acquistare:
– libri di testo e manuali universitari
– abbonamenti a teatri o concerti
– ingressi a musei e cinema
– corsi di lingua
– prodotti culturali in generale
È un modo per dire che la cultura non è un lusso. Che leggere, informarsi, partecipare a uno spettacolo, comprare un manuale, non deve diventare un sacrificio.
Eppure tanti studenti non la richiedono. Perché temono procedure complicate o perché non sanno di averne diritto. Un problema di comunicazione più che di sostanza.
La Carta Merito: una spinta per chi ha studiato con tenacia
La Carta Merito, invece, premia chi ha concluso la maturità con 100 o 100 e lode. Un riconoscimento semplice, quasi antico nella sua logica: premiamo l’impegno.
Anche qui il valore è di 500 euro. E può essere utilizzato insieme alla Carta Cultura. Mille euro in totale. Una cifra che, per una matricola, può significare un anno di libri totalmente coperti. Oppure l’avvio di un percorso extracurricolare, di un corso di specializzazione, di un progetto creativo.
Un dettaglio che pochi conoscono
Le due carte non scadono rapidamente. Hanno una validità ampia, che permette di utilizzarle anche durante il primo anno universitario. Questo significa che molti studenti iniziano il loro percorso con mille euro a disposizione e non lo sanno.
Dove si usa il bonus
La procedura è ormai rodata. Si scarica l’app dedicata, si attiva la carta con SPID o CIE, si generano i buoni da mostrare ai negozi fisici o agli esercenti online convenzionati.
È semplice. Ma, come sempre accade in Italia, ciò che è semplice sulla carta spesso si perde nella pratica. Troppi ragazzi non attivano la carta entro i tempi. O la attivano e poi dimenticano di usarla.
Perché questo diritto è importante
Perché dice una cosa precisa: la cultura non si compra solo con il denaro. Si coltiva, si sostiene, si incoraggia. Mille euro non cambiano la vita. Ma cambiano un anno di studi. Permettono di non rinunciare ai libri, di seguire un corso in più, di vivere l’università non come una lotta continua, ma come un tempo di crescita.
Sono due strumenti che dovrebbero essere spiegati il primo giorno di scuola superiore, non scoperti per caso a vent’anni. Perché conoscere un diritto significa poterlo usare. E usarlo significa ampliare lo spazio della propria libertà.
6. Borse di studio regionali e servizi DSU: la rete invisibile che sostiene chi studia
C’è un diritto che sostiene gli studenti più di tutti gli altri, anche se raramente lo si riconosce per quello che è: la rete delle borse di studio regionali e dei servizi DSU (Diritto allo Studio Universitario). È la spina dorsale dell’università italiana. Una struttura che garantisce, ogni anno, alloggio, mensa, contributi economici, esoneri, servizi. Una rete che tiene in piedi migliaia di studenti che, senza queste tutele, non potrebbero permettersi nemmeno il primo giorno di lezione.
Eppure questa rete, così preziosa, resta spesso nascosta. Invisibile per chi non ne ha bisogno, complicata per chi prova a entrarci. Ma è un diritto pieno, tutelato dalla legge. E vale la pena conoscerlo bene.
Chi ha diritto alla borsa di studio regionale
Le borse di studio sono destinate a studenti che rispettano due condizioni:
1. **Requisiti di reddito** → ISEE e ISPE entro soglie stabilite regionalmente.
2. **Requisiti di merito** → un certo numero di CFU entro date precise, che cambiano per anno di corso.
Sono requisiti chiari, anche se severi. Ma garantiscono equità: chi ha meno risorse deve poter studiare senza essere frenato dai costi.
La borsa di studio può includere:
– un contributo economico annuale
– esonero totale dalle tasse universitarie
– alloggio gratuito o a prezzo calmierato nelle residenze universitarie
– accesso alla mensa a prezzi simbolici
– bonus trasporti e servizi aggiuntivi
È un pacchetto che non si limita a “dare soldi”: costruisce l’ambiente materiale per poter studiare.
Borsisti idonei non beneficiari: un paradosso italiano
Una delle criticità storiche del sistema DSU è la figura dell’“idoneo non beneficiario”: studenti che hanno tutti i requisiti ma non ricevono la borsa per mancanza di fondi. È un segnale della fragilità del sistema. Di un Paese che riconosce il diritto allo studio ma non lo finanzia fino in fondo.
Negli ultimi anni molte Regioni hanno eliminato quasi del tutto questa categoria, aumentando i fondi. Ma il problema non è sparito ovunque. E gli studenti spesso non sanno di poter rivendicare un diritto negato.
Diritto all’alloggio universitario
Gli studenti fuori sede possono accedere ai posti letto delle residenze universitarie. Non è un favore: è una parte centrale del diritto allo studio. Pagano tariffe molto più basse del mercato privato, spesso includendo spese che fuori costerebbero il doppio.
È un diritto fondamentale, perché l’alloggio è ciò che rende possibile tutto il resto. Senza una casa, non si studia.
La mensa universitaria: un diritto essenziale
Molti studenti non lo sanno, ma il servizio mensa non è un extra: è un pezzo del DSU. Chi rientra nelle fasce più basse paga pasti simbolici, tra 2 e 4 euro. Chi è borsista può accedere gratuitamente o con un numero definito di pasti coperti dalla Regione.
In un periodo in cui anche fare la spesa diventa complicato, questa agevolazione garantisce nutrimento e dignità.
Contributi per mobilità internazionale
Gli enti regionali DSU non sostengono solo chi resta in Italia: ampliano i contributi anche per gli studenti Erasmus o per programmi internazionali. Oltre alla borsa europea, molti ricevono integrazioni regionali che coprono viaggi, alloggi, vita all’estero.
La mobilità non deve essere un privilegio dei ricchi: è un diritto degli studenti che vogliono crescere.
Perché questo diritto conta più degli altri
Perché non si limita a dare denaro. Costruisce opportunità. Permette alle famiglie di pensare al futuro senza paura. Permette agli studenti di concentrarsi sugli esami senza lavorare 30 ore alla settimana per pagare l’affitto. Apre vite nuove, percorsi nuovi, immaginari nuovi.
È la prova che lo Stato, quando vuole, sa prendersi cura davvero.
Un consiglio pratico
Ogni Regione pubblica i bandi DSU tra luglio e settembre. Le domande si presentano prima dell’inizio dell’anno accademico. Chi aspetta rischia di restare fuori.
Questo diritto va riconosciuto, compreso, usato. Perché non è un regalo. È un pezzo di uguaglianza.
7. Le agevolazioni degli atenei: un mondo di diritti spesso nascosti
C’è un diritto che vive dentro ogni università e che spesso nessuno vede: l’insieme delle agevolazioni interne offerte dagli atenei. Non sono misure nazionali, non compaiono nelle dichiarazioni governative e non fanno notizia. Ma sono fondamentali. Sono il modo con cui ogni università interpreta il proprio ruolo pubblico: prendersi cura dei suoi studenti, uno per uno.
Molti non lo sanno, ma ogni ateneo ha un regolamento dedicato alle esenzioni, alle riduzioni, al supporto. Una rete silenziosa che sostiene chi ha bisogno e che può cambiare la storia di un percorso accademico.
Agevolazioni per studenti con disabilità e DSA
Ogni università italiana, pubblica o privata, ha un Ufficio Disabilità e DSA. È un obbligo di legge, ma soprattutto un impegno civile. Per gli studenti con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento sono previsti:
– esonero totale o parziale dalle tasse
– tutorato specializzato
– supporti tecnologici (ingranditori, software, registratori)
– tempi aggiuntivi agli esami
– modalità di verifica personalizzate
Non è una gentile concessione: è un diritto. E troppo spesso resta inutilizzato perché lo studente non sa di potersi rivolgere a quell’ufficio. O perché teme di essere giudicato.
La verità è che questi servizi esistono proprio per garantire a tutti un percorso equo. Non uguale, ma equo.
Studenti lavoratori: percorsi flessibili e riduzione dei carichi
Gli atenei conoscono bene la realtà degli studenti lavoratori, quelli che dividono la giornata tra turni, trasporti e appunti presi all’alba. Per loro esistono modalità di iscrizione “part-time”, con:
– tasse ridotte
– numero di esami annuali più sostenibile
– tempi di laurea più elastici
– possibilità di svolgere esami in sessioni dedicate
È un modo per dire che lo studio non deve essere un ostacolo alla sopravvivenza. Che chi lavora non è uno studente “di serie B”. È uno studente che combatte due battaglie insieme.
Agevolazioni per neogenitori: maternità e paternità senza perdere anni
Pochi sanno che le università prevedono misure specifiche per studentesse in gravidanza e studenti diventati genitori. Spesso includono:
– sospensione gratuita della carriera senza perdita di anni
– esonero parziale delle tasse
– possibilità di sostenere esami con modalità adattate
– priorità nell’assegnazione delle borse alloggio
Per molti giovani, l’arrivo di un figlio coincide con l’abbandono dell’università. Ma non deve essere così: questi diritti esistono per impedirlo.
Esoneri speciali: reddito, merito, situazioni familiari complesse
Ogni ateneo può introdurre esoneri aggiuntivi rispetto alla legge nazionale. E molti lo fanno. Alcuni esempi reali:
– esoneri per studenti con fratelli già iscritti allo stesso ateneo
– riduzioni per particolari condizioni familiari (orfani, famiglie monogenitoriali)
– premi per chi ottiene una certa media
– abolizione temporanea di contributi per chi vive emergenze economiche
Questi esoneri non sono uniformi, ma raccontano un fatto importante: ogni università ha margini per aiutare concretamente i suoi studenti. E spesso li usa.
La carriera alias: un diritto di identità
Sempre più atenei prevedono la carriera alias per studenti transgender. È un diritto di identità e di rispetto, che permette di usare il nome scelto negli esami, nei registri, nei rapporti con il personale. Non è un dettaglio amministrativo: è un gesto di dignità.
Non incide sulle tasse, non modifica i percorsi formali, ma rende l’università un luogo più umano.
Sportello psicologico gratuito o a costi ridotti
In un’Italia che discute di bonus psicologo, molte università si sono mosse autonomamente. Offrono:
– sportelli di ascolto gratuiti
– cicli di colloqui psicologici
– incontri di gruppo
– servizi di counseling
Sono misure preziose, soprattutto per gli studenti fuori sede o in difficoltà emotiva. Non sostituiscono una psicoterapia completa, ma forniscono un primo aiuto immediato.
Perché questo diritto è complesso ma fondamentale
Le agevolazioni interne non sono facili da trovare perché ogni ateneo ha regole proprie, siti diversi, modulistica diversa. Ma questo non deve scoraggiare. Perché in questi regolamenti c’è spesso la risposta che uno studente cerca da mesi: un esonero, una riduzione, una tutela.
La verità è semplice: l’università non è solo un luogo di esami. È un’istituzione pubblica. E come tale, ha il dovere di sostenere i suoi studenti, soprattutto quelli più fragili. Sapere che questi diritti esistono significa poterli usare. E usarli significa non affrontare la vita accademica da soli.
Un invito finale
Ogni studente dovrebbe visitare almeno una volta nella vita:
– la pagina “tasse ed esoneri” del proprio ateneo
– l’Ufficio Disabilità
– i servizi per studenti lavoratori
– il regolamento delle carriere alias
– l’ufficio orientamento psicologico
Molti diritti non sono nascosti: sono solo ignorati. E conoscere ciò che ti spetta è già un primo atto di libertà.
Conclusione: conoscere i propri diritti è il primo atto di libertà
Studiare in Italia non è semplice. Lo sappiamo tutti. Lo sanno gli studenti che dividono una stanza per poter pagare l’affitto, le famiglie che aspettano le detrazioni per respirare, i ragazzi che vivono a due ore di distanza dall’ateneo e ogni mattina prendono un treno che non arriva mai in orario.
Eppure, dietro questa fatica quotidiana, c’è un Paese che ha costruito una rete di diritti. Imperfetta, certo. A volte finanziata male, a volte comunicata peggio. Ma esiste. E può cambiare un percorso accademico dall’inizio alla fine.
Questi sette diritti dicono una cosa semplice: non sei solo. L’università non è un percorso individuale, è un impegno collettivo. Le borse di studio, gli esoneri, i contributi per l’affitto, le carte cultura, gli sconti sui trasporti, gli sportelli psicologici, i servizi DSU: tutto questo esiste perché il Paese ha deciso che formare i giovani è una responsabilità comune.
E allora il passo successivo è uno solo: usarli. Chiederli. Pretenderli quando servono. Non per furbizia, ma per dignità. Perché studiare non è un privilegio: è un diritto. E ogni diritto che non si esercita è un pezzo di libertà che si perde.
In un’Italia che spesso parla dei giovani senza ascoltarli, conoscere ciò che ti spetta diventa un gesto di autodifesa civile. Un modo per camminare più leggeri, per non arrendersi davanti agli ostacoli, per credere che la strada dell’università non è solo una fatica, ma anche un investimento sul futuro.
Un futuro che merita sostegno, tutele, coraggio. Un futuro che inizia da qui: dalla consapevolezza dei propri diritti.
